Un'opinione personale

La fascia portabebé non è una panacea per tutti i mali. Ma il contatto sì. Anzi probabilmente è molto di più.
Sono anni che studio gli effetti del contatto tra gli esseri umani (e non!) e non ho mai trovato articolo o evidenza scienifica che lo sconsigli o che lo trovi controproducente rispetto a un qualsiasi tipo di terapia.

Il merito sarà sicuramente dell'ossitocina, un ormone dagli effetti misteriosi e straordinari, che è stato protagonista di molte ricerche da parte di Kerstin Uvnas Moberg. Qui di seguito traduco un suo schema riassuntivo degli effetti dell'ossitocina.

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Già quanto sopra riassunto potrebbe bastare per spiegare i miracolosi effetti del tocco e del contatto. Ma permettetemi di essere un po' più poetica, più sognatrice, più fiduciosa. Solo così so esprimere quello che sento in merito al tocco, quello che ho imparato a contatto con genitori e bebé, quello che in fondo a me ho sempre sentito.

Prendiamoci tempo. Fermiamoci un attimo. Restiamo in ascolto. È inutile entrare in contatto in maniera frettolosa, come se fosse solo un’altra delle cose che bisogna fare nella giornata, tra tantissime altre, solo un altro disperato tentativo di fare qualcosa di utile, che poi si rivelerà infruttuoso. Qui ci fermiamo, mettiamo in gioco tutti noi stessi. Poggiamo le nostre mani ferme sull’altro o, perché no, su di noi. Sono qui, mi fermo per dedicare un po’ di tempo a te (o a me). Avviciniano il nostro corpo a quello altrui, di un bambino, di un adulto, di qualcuno che amiamo. Ma tutte le cose che dobbiamo fare ancora prima che arrivi l’ora del riposo, di tutto ciò che ancora dovremo fare domani, di tutti i pensieri e le preoccupazioni che ci portiamo in giro ogni giorno come uno zaino pesantissimo pieno di sassi… cosa ne facciamo? Poggiamo a terra lo zaino e lo lasciamo lì, per un po’. Scuotiamo un po’ le spalle, risvegliamole dopo tanta fatica. Ahhhhh, che sospiro di sollievo.

Ora sì, ascoltiamo cosa accade sotto le nostre mani poggiate, attraverso i nostri corpi a contatto, cosa succede a noi, cosa succede all’altro. E persino… cosa succede tra noi. Un grande silenzio si diffonde nell’aria, carico di sensazioni, vibrazioni, emozioni:  “(…)proprio adesso noi stiamo vivendo e qualche cosa proprio ora ci stiamo scambiando” dice Jovanotti. L’energia che scorre in noi e tra noi può essere semplicemente chiamata elettricità, ma le diverse culture l’hanno chiamata in modi differenti e ne hanno fatto la base della teorie e delle pratiche riguardanti la salute e la malattia. Lo scompenso delle nostre energie porta sempre al malessere, eppure uno dei modi più semplici e meno costosi per curarsi, alla portata di tutti, sta semplicemente nel fermarsi e ascoltare. Il corpo non mente.

Fermarsi. Punto. Anche se pensiamo di non poter fare nulla. Anche se a volte abbiamo paura che ci cada il mondo addosso se ci fermiamo. Ma spesso fermarsi non è sinonimo di “perdere tempo”, quanto di guadagnarlo: il tempo dedicato a sé e ai nostri cari si dilata, si allunga, si vive a pieni polmoni. Ecco del tempo di qualità, che ci fa sentire subito meglio. Crediamoci. Noi possiamo fare qualcosa, siamo capaci di cambiamento in noi stessi e negli altri, possiamo essere portatori di sollievo, di benessere, di amore.

Ascoltare. A volte con gli occhi chiusi. Ma con i sensi vivi, con le orecchie aperte a percepire ogni respiro, ogni fremito, ogni sospiro. Il tatto sente le tensioni e i muscoli che si rilassano, il tono delle membra, la temperatura della pelle. Le inserzioni muscolari dicono se siamo a nostro agio, se siamo scomodi, se apprezziamo o meno ciò che sentiamo. Il respiro diventa più profondo. Il ritmo si impossessa dei nostri gesti. Se ci fermiamo sentiamo in profondità il battito del cuore. Nostro e altrui.  Certo, è tutto molto intimo, perché chiediamo a qualcuno di entrare nel suo spazio personale: persino quando è una persona che conosciamo bene, a noi cara, bisogna entrare in punta di piedi e a volte attendere sull’uscio finché non siamo invitati ad avanzare. Però io mi stupisco sempre, andando da anni da un terapista professionale, della freschezza di questo incontro che ti aiuta, senza mai essere invadente. Quando poi è una mamma con il suo bimbo, o un papà con la sua bambina o con la sua compagna, questa intimità è un prosieguo e un arricchimento di quella già esistente nel rapporto.

Rimango sempre fortemente meravigliata della poesia che c’è in un solo tocco. In un massaggio, ma anche solo in uno sguardo che accarezza, in una  frase che vibra sulla pelle. Mi meraviglia sapere che, ancora nel 2013, tra oggetti, consumismo, tecnologie, progressi della medicina, scoperte……… siamo capaci di tornare alle profondità di quello che siamo, di toccare la carne che ci rende umani e le emozioni che ci rendono unici, di comunicare stando in silenzio e di capirci ancor meglio che con le parole, di arrivare così vicini fino a sfiorarci le anime e poi di poter tornare, smisuratamente ricchi, finalmente leggeri. È un miracolo ed è qui, tra le nostre mani.

 

I bambini (e gli adulti) malati, con qualsiasi problema o patologia, beneficiano di questo immenso scambio d'amore. Anche quando la malattia è sconosciuta, anche quando vi diranno che siete dei pazzi, che non ci sono speranze, che non potete fare niente: attraverso i nostri corpi scorre un'energia e l'amore ne è un fortissimo veicolo. Ho visto mamme e papà lottare con tutte le loro forze, credere, fare di tutto, e soprattutto stringersi al petto i propri bimbi malati. Nessuna medicina o cura avrebbe potuto sostituire quegli abbracci, anche quando i genitori erano stremati, quell'amore sconfinato fornisce ai bimbi l'energia per fare un passo ancora, per tenere duro ancora un po', a volte per guarire.

Conosco storie di bimbi a cui il contatto ha salvato la vita. Bimbi paralizzati, con gravissime disabilità, con problemi a volte non riconosciuti che hanno rischiato di ucciderli. Non dirò che sono miracoli, perché credo che il potere curativo non sia solo nei farmaci, né solo nella tecnica, ma anche in ognuno di noi. Conosco anche storie di bimbi che, nonostante una grandissima forza per stare al mondo, ad un certo punto hanno lasciato i loro genitori. Non conosco nessuna storia in cui il contatto prolungato non abbia aiutato questi bimbi e i loro genitori a innalzare la qualità della loro vita, anche se solo per un periodo breve, prima del saluto.

Se i vostri bimbi hanno dei problemi, se sono ospedalizzati, malati, con disabilità, con tubicini che escono da ogni parte, con tutori che sembrano allontanarvi ancora di più da loro, non demordete. Il contatto vi aiuterà a stare più vicini, a riappacificarvi un poco con il mondo, ad arricchire il vostro legame, a farvi e farli stare meglio. Abbiate fiducia, restate in contatto.

 

 

*Per maggiori informazioni riferirsi a:

Moberg K.U. (2003), The Oxytocin Factor, Capo Press

Tutte le ricerche eseguite da Tiffany Field, del Touch Research Institute di Miami